MATTEO PEDRALI, GIUSEPPE BELOTTI: due artisti, due generazioni si incontrano”
MATTEO PEDRALI, GIUSEPPE BELOTTI: due artisti, due generazioni si incontrano
s’incontrano a Bergamo, domenica 17 settembre 2023, dalle ore 18.00, presso la Sala Manzù, in via Camozzi, passaggio via Sora.
La mostra è visitabile fino al 28 settembre
da martedì a venerdì, ore 16/19
sabato e festivi, ore 10/12 e 16/19
Pedrali e Belotti sono anime plasmate dalle acque dello stesso fiume: un incontro lirico, non solo di due artisti palazzolesi, ma di due generazioni della terra dell’Oglio, sulla linea di confine tra le province di Brescia e Bergamo.
Attraverso percorsi personali, i due artisti hanno dedicato l’intera esistenza alla ricerca della verità, attraverso l’indagine della propria quotidianità, della propria gente e dei propri luoghi, fino a dissolvere la forma nella luce che tutto contiene e a cui tutto ritorna.
LA MOSTRA SARA’ STRASFERITA A PALAZZOLO SULL’OGLIO ED INAUGURATA SABATO 18 novembre 2023 CON LA VIDEOPROIEZIONE DI UN FILM, SULLA VITA, LE OPERE, LA CRITICA AI DUE ARTISTI, PRESSO L’AUDITORIUM SAN FEDELE ED ESPOSIZIONE DELLE OPERE PRESSO LA GALLERIA D’ARTE f22 CHE RIAPRIRA’ I BATTENTI
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La mostra d’arte è stata organizza da :
IL MAESTRALE aps – associazione culturale
in collaborazione con:
Circolo culturale “GREPPI” e
Circolo Artistico Bergamasco
Con il patrocinio dei comuni di #Palazzolosulloglio e #Bergamo
In seno a BERGAMO BRESCIA CAPITALE DELLA CULTURA 2023
Partner istituzionali: Ministero della Cultura, Regione Lombardia, Fondazione Cariplo, Provincia di Bergamo, Provincia di Brescia, Fondazione della Comunità Bergamasca, Fondazione della Comunità Bresciana
Main partner: Intesa Sanpaolo, A2A
Partner di sistema: #brembo
Partner di area Ferrovie dello Stato Italiane, BGY Airport
Supporter dell’iniziativa:
BCCBrescia, Circolo Fotografico Palazzolese, Studio F22, Hostaria al Portico, Ristorante La Corte, Osteria della Villetta, #lov_oglio
#art #modernart #arte #artecontemporanea #arteitaliana #pitturacontemporanea #pitturaitaliana #chiarismo
Matteo Pedrali rappresenta, non solo per la nostra comunità locale ma per la Lombardia tutta, uno dei maggiori esponenti del Chiarismo Lombardo; pittore colto e sensibile aggiornato sulle novità artistiche non solo del panorama italiano; infatti, già nella produzione della prima metà degli anni trenta rivela particolare attenzione ai lavori di Carrà, Funi, Morandi, Casorati e a quelli dei maggiori esponenti delle Avanguardie europee. Strinse rapporti a Roma con Severini e a Venezia con Cardazzo. Un artista a tutto tondo nel panorama nazionale. Giuseppe Belotti, a sua volta, rappresenta il pittore palazzolese per eccellenza. Nato a Palazzolo sull’Oglio, frequentò l’Accademia Carrara sotto la direzione del prof. Achille Funi e del prof. Trento Longaretti. Espone presso importanti mostre nazionali ed estere e prende parte a concorsi estemporanei. Partecipa anche a diverse collettive, quale rappresentante della pittura bresciana contemporanea. Il primo, amico e maestro del secondo, seppur le due carriere si siano distinte per peculiarità e caratteristiche. Per la prima volta, in Palazzolo, presso l’Auditorium San Fedele e nella Galleria Rossi,” F22”, è stata organizzata la presentazione della Mostra con tratti di originalità. Infatti, oltre all’esposizione delle opere di entrambi presso la f22 di Palazzolo, è stata realizzata la video proiezione, su mega schermo, con voce narrante prestata dall’attore Bruno Noris, non solo delle immagini delle opere ma momenti della vita artistica, riprese effettuate negli studi degli artisti, interviste, scorci di una Palazzolo bellissima, rinnovando il ricordo del percorso creativo di entrambi. Due massimi esponenti dell’arte bresciana del XX° secolo ai quali va tributato l’onore che meritano. La video proiezione in Auditorium San Fedele, è stata introdotta dal prof. Giovanni Zanni, collega degli artisti ai tempi dell’insegnamento a Palazzolo. Ne pubblichiamo integralmente il testo che rende appieno l’immagine umana e del tutto particolare di questi due esponenti di primo livello dell’arte cittadina che ricorderemo per sempre.
PEDRALI – BELOTTI : due artisti , due generazioni si incontrano
( 18 Novembre 2023)
Premessa
Siamo all’imbrunire di una giornata di fine primavera, quando il sole è già tramontato ma le ombre del crepuscolo non rendono ancora necessaria l’illuminazione elettrica all’interno della casa. E’ un momento di riposo mentale dopo le fatiche della giornata. Suona il telefono. Rispondo. Una voce baritonale, allegramente convincente, ma al primo momento sconosciuta, mi saluta. Si presenta: “Sono il sig. Arcangeli, presidente del Maestrale”. La prima impressione è di stupore: non mi capacito di cosa possa parlarmi, anche se a volte ho collaborato con l’associazione. Soprattutto è molto tempo che non lo sento. Mi presenta con entusiasmo, come suo solito, l’iniziativa in atto che il Maestrale svolge nel più ampio programma di iniziative legato a “Bg Bs Capitale della Cultura”. L’intenzione è la celebrazione di due artisti palazzolesi, Matteo Pedrali e Giuseppe Belotti, la cui esistenza si è incontrata nella vita e nell’arte pur appartenendo a generazioni diverse. Quanto più insistentemente si prolunga la presentazione più aumenta la mia perplessità. Cosa c’entro io con l’arte dei due, anche se appassionato, conoscitore e estimatore delle loro opere? Soprattutto, posso affermarlo con schiettezza, amico di entrambi? E a questo punto, forse prendendomi in contropiede, il sig. Arcangeli mi illustra quale possa essere il mio contributo. Dovrei parlare di Matteo e Beppe come “insegnanti”. Ricordare la loro presenza nella scuola. Sollecitando con energia la mia adesione, mi rimanda ad un incontro personale con Beppe, per più specifici accorgimenti sul quando e sul come dovrei presentare il mio intervento. E in effetti l’abboccamento con Beppe avviene un pomeriggio di giugno. Una bella chiacchierata a casa mia, in cui i ricordi si sciorinano con una certa nostalgia di tempi grevi di responsabilità educative, in situazioni di cambiamenti epocali, dentro realtà sociali sempre gravide di violenza e di tragedie, ma anche di grande lavoro creativo, di novità didattiche e relazionali. Dopo l’incontro con Beppe cresce ancor più il mio disagio e la mia inadeguatezza al compito che mi ero forse affrettatamente assunto. Impegnativo oggi parlare di scuola, sempre più bistrattata, ma soprattutto di colleghi di tale calibro. Li ho avvicinati entrambi, ci siamo confrontati e vissuto anni belli e difficili. Ma si sa: non sempre la memoria sostiene la oggettività dei fatti e ancor più la veridicità dei dettagli e la loro interpretazione. Parlare di due personalità così differenti, che si sono “incontrate” nella quotidianità della professione scolastica, ma non solo, significa aver colto quei dettagli che li hanno uniti pur nella loro unicità. Entrambi hanno seguito l’iter tortuoso dell’entrata in ruolo nella scuola, insegnando non sempre nello stesso istituto, fino alla definitiva assunzione a tempo indeterminato con cattedra completa. Ciò che di entrambi mi stupiva è che qualcuno li abbia indirizzati nella loro scelta, prima nello studio e in seguito nell’insegnamento.
Matteo Pedrali
Il primo ad accorgersi delle abilità nel disegno di Matteo fu il sig. Paolo Mascheretti, uno dei frequentatori dell’osteria dei Pedrali in P.zza V. Rosa. Lo invitò a frequentare la scuola serale di disegno per iscriversi poi ai corsi dell’Accademia Carrara di Bergamo. Entrare nella scuola esige una preparazione raffinata e uno studio sempre aggiornato, base per alimentare le qualità personali. Anche per artisti così speciali l’entrata nella scuola era un’esigenza economica perché, come si dice ancora, con l’arte non si mangia!
A qualunque professione si aspiri, infatti, possedere un bagaglio culturale ampio fa la differenza perché favorisce una migliore capacità di analisi dei problemi, aprendo nel lungo periodo a prospettive migliori. Ottenere la sicurezza dell’insegnamento non fu facile per entrambi e neppure una sede adeguata ai meriti artistici. Nonostante questo Matteo amava non solo insegnare, ma si sottoponeva al giudizio scherzoso dei suoi alunni. Richiesta di un parere su uno schizzo improvvisato, l’allieva, mentre sottoponeva il proprio elaborato alla correzione, rispose con sincerità che non le piaceva. Matteo segnò un voto negativo, ma si fece consegnare il diario su cui schizzò un circo a tratti veloci e unici. Firmò, chiuse il diario e consegnandolo le disse che si sarebbe ricordata. Ora lo schizzo del circo fa bella mostra alla parete di una casa di Palazzolo. Si potrebbero raccontare altri aneddoti in cui Matteo esprimeva la sua predilezione per studenti più vivaci, non disdegnando l’umorismo così caro alla sua indole.
C’era un rituale che Matteo seguiva. La sua presenza in classe, anche per ragioni di salute negli ultimi tempi, iniziava la 2° ora di lezione. Scendeva dalla cinquecento blu metallico, guidata dalla Gina, la moglie, incaricata da sempre di accompagnarlo. Arrivava poco prima delle nove, sempre puntuale, vestito grigio impeccabile, impugnando la sua antica cartella quasi consunta, ma mai sostituita, in cui conservava per l’intervallo il termos per la bevanda calda e varie medicine per la sua malattia, che rendeva più faticosa la sua presenza a scuola. Saliva direttamente nell’aula di disegno nell’ala ovest e preparava alla lavagna il titolo del tema della mattinata. Qualcuno ricorda che un disegno rimase fino a dopo le vacanze di Natale perché nessuno osava cancellarlo.
Gli alunni l’avrebbero raggiunto accompagnati dal bidello, ordinati e in silenzio che avrebbero prolungato nel lavoro impegnativo. La vita di insegnante era ritmata dal mutare delle stagioni: in essa brillava l’ansia della primavera, bruciava il fuoco afoso dell’inizio dell’estate, delicati gli scoppi dell’autunno e la purezza dell’inverno. I temi proposti agli alunni riflettevano il legame alla vita, alla natura, alla tradizione quasi popolare che incide sul destino dell’uomo.
Più pesanti erano le ore dedicate alle riunioni, soprattutto quelle del Collegio Docenti, in Aula Magna, dove sedeva ai lati della cattedra del Preside di turno accanto a due colleghi. Era un modo per uscire dal coro, pur affermando una presenza severa. Non interveniva mai nelle concitate e fastidiose discussioni, ma non perdeva un’idea, a volte pedissequa e noiosa. Talvolta confessava ai due colleghi: “Avrei tante cose da dire, ma mi frena il timore di non essere compreso e di apparire anacronistico”. Il suo regno non erano le parole, che pur sapeva ben agire, ma la sua aula e i suoi allievi. Nutriva una predilezione particolare per i soggetti svantaggiati. Con essi si sentiva a suo agio. Coloro che l’hanno conosciuto hanno apprezzato la sua opera educativa, Testimonianze univoche sono raccolte nel volumetto: “Matteo Pedrali – 1913-1980 ( a cura della Sc. M. M. Luther King di Palazzolo), stampato in occasione della sua morte. Il provveditore agli studi di Bs, Enzo Giffoni, ricordando Matteo come uomo di scuola così commentava: “…si è parlato opportunamente della sua vocazione al raccoglimento, alla contemplazione fuori dalle polemiche e dalle contese; e Pedrali seppe trasfondere questa sua vocazione nell’insegnamento, educando i giovani al gusto del bello attraverso il raccoglimento e la riflessione”. Elvira Cassa Salvi: “Con la morte di M.P. scompare un dolce, caro, mite poeta del pennello… un petit maitre”, a cui altri aggiungevano il “professore buono” o “l’uomo dell’ansiosa ricerca esistenziale e l’insegnante scrupoloso dal quale anche noi giovani colleghi avevamo da imparare”. Memorabile il ritratto di Lino Lazzari: “Il Romanzo di Matteo Pedrali” e la definizione di Lino Monchieri: “Matteo Pedrali: maestro di vita, maestro d’arte”-
Beppe Belotti
Accanto a Matteo Pedrali, nello stesso istituto, insegnava Beppe Belotti, anche lui uscito dall’Accademia di Bg, anche lui dotato di estro artistico, anche lui dedito all’educazione di alunni in fase evolutiva, non sempre sorretti dalla santa voglia di studiare, anzi spesso indisposti verso la scuola. Di lui conservavo un ricordo giovanile extrascolastico. Passava verso sera a velocità sostenuta in via Gramsci a bordo della nuova porche blu, recandosi dalla fidanzata. E tutti si stupivano perché non era cosa consueta vedere modelli così strani ma affascinanti.
Quando nel ‘75 ebbi il trasferimento e ritornai da Capriolo alla King , mi trovai nella sezione C, corso in cui insegnava da tempo educazione artistica Beppe Belotti. Quindi me lo sono trovato collega, fino al mio pensionamento. Colleghi per 25 anni.
Come per Matteo c’era stato qualcuno che aveva intravisto la sua indole artistica, così anche per Beppe ci fu chi si accorse della sua. Il giovane aveva esposto nella vetrina della bottega del padre un suo quadretto che attirò l’attenzione di Matteo Pedrali mentre scendeva la scalinata della torre tornando verso casa dopo le lezioni all’avviamento. Incuriosito e apprezzando l’opera, espresse l’idea che l’autore dovesse frequentare l’Accademia di Bergamo. Naturalmente il genitore aveva altri progetti per il figlio. Con l’approvazione della madre, ma all’insaputa del padre, Beppe si iscrisse all’Accademia. Il padre scoprì tardi la frequenza del figlio, quando dal giornale apprese del premio assegnatogli in un importante concorso artistico. Gli intrecci della vita sono strani. Beppe e Matteo si trovarono ad insegnare nella medesima scuola media. Al mio arrivo alla King, i due artisti rappresentavano due “icone”, stimate ed apprezzate all’interno della scuola, oltre che nell’ambito artistico, nonostante la loro materia d’insegnamento occupasse ore poco numerose nel curriculo medio, distribuite su più classi a formare la cattedra completa. Beppe arrivava a scuola sempre a piedi, maglione elegante multicolore in primavera inoltrata, soprabito beige nei giorni di primo autunno, quando il vento leggero annuncia il primo freddo. In inverno vestiva un cappotto moderno, verde scuro con bavero rialzato al collo. Caratteristici i suoi occhiali a rendere il suo sguardo assorto in pensieri trattenuti. Entrava in sala insegnanti, appendeva soprabito o cappotto, indossava il camice bianco, la sua divisa da lavoro. Al suono stabilito accoglieva la propria classe all’inizio del corridoio che introduceva alla parte ovest dell’edificio. Gli alunni, per lo più in silenzio, percorrevano il tratto e entrati nel salone al 2° piano disponevano sui lunghi tavoli l’occorrente scolastico. Egli li seguiva con passo flemmatico studiando ogni movimento, soprattutto dei più vivaci. L’atteggiamento apparentemente distratto e disincantato notava ogni dettaglio che in classe commentava rilevando le piccole o grandi trasgressioni alle regole. Quando la burocrazia ha prevalso e prevaricato l’aspetto educativo e didattico, per lui, come per Matteo, la stesura dei giudizi quadrimestrali costituiva un problema. L’esorbitante numero degli allievi impediva la conoscenza specifica delle attitudini dei singoli, perciò il confronto con gli altri insegnanti diventava proficuo quando collimavano certi dettagli e l’apporto degli insegnanti di educazione artistica serviva a rendere più chiara e completa la conoscenza delle attitudini degli alunni. Beppe sembrava estraneo, apparentemente assente, a volte addirittura annoiato, dalla discussione degli altri, assorto nei suoi disegni spontanei. Tuttavia, interpellato sembrava svegliarsi da una contemplazione, restituiva intuizioni precise e ponderate, atte a rendere più comprensibili certi atteggiamenti distorti soprattutto di alunni che si rivelavano problematici. Disegnava cose belle, perché la bellezza è l’origine della speranza e la speranza è l’origine di nuova bellezza! Lo confessai una volta a Beppe: l’artista ha “un dono” che lo differenzia, che lo rende unico. Applicato all’educazione e all’insegnamento fa guardare il mondo e le persone con uno sguardo più umano. Gothe affermava: “Non c’è via più sicura per evadere dal mondo che l’arte, ma non c’è legame più sicuro con esso che l’arte”. Gli alunni si lasciano trascinare facilmente se hanno di fronte docenti che amano per primi la disciplina che insegnano. La dimensione affettiva dell’apprendimento è importante: l’alunno si fida e si affida al docente che crea con lui un legame, che gli fa scoprire meglio se stesso e il mondo. E’ la maieutica che nessuno insegna ma che si applica con passione. L’arte inoltre serve a scoprire che l’utile immediato è insufficiente per la globalità dell’umanità. “I grandi pensieri incominciano sempre da quelli piccoli, ma bisogna saperli incoraggiare e coltivare fin dalla più tenera età” ( S. Tamaro, Stiamo diventando incapaci di porci domande, C, d. s 12 nov 23). L’opera educativa è difficile e complessa. A volte pone dinanzi a sconfitte inimmaginabili perché la scuola e gli insegnanti non sempre vincono le battaglie, né dell’insegnamento né della vita. A volte ci si trova a combattere battaglie con forze impari. Un episodio mi ha sempre frastornato e reso consapevole della fragilità educativa.
Un alunno, seguito dalla Comunità base, si assenta per un periodo assai lungo. Al suo ritorno, Beppe gli chiede dove sia stato. La risposta: a scuola! Dove? A Napoli. Fammi vedere cosa hai imparato. L’alunno invita il professore a camminare davanti a sé nel lungo corridoio. Poi lo affianca, lo saluta e se ne va nell’aula al 2° piano. Sulla cattedra della classe il prof. trova il suo portafoglio.
Quella “scuola” era stata non più formativa ma utile! La scuola istituzionale deve gareggiare, oggi ancor di più, con “altre scuole” dagli esiti immediati, molto più agguerrite. E meno male che ci sono stati, e ci sono, docenti innamorati della loro professione che propongono alternative meno immediate ma più umane.
Il 16 marzo 1978, alle 9 di mattina, Beppe arriva a scuola trafelato. Bussa alla porta della mia classe 3°C, viso pallido, esterrefatto mi comunica che hanno rapito Aldo Moro e che hanno ucciso la sua scorta. Le condizioni sociopolitiche del tempo influiscono notevolmente sul lavoro scolastico, perché modificano le atmosfere e le relazioni, istituzionali e personali. Certi fatti segnano dei passaggi storici dolorosi e irrisolti.
Conclusione
Sapere misurare quanta influenza abbia l’azione educativa di un insegnante è un mistero. Bisognerebbe interrogare dopo anni gli alunni che hanno seguito il suo insegnamento didattico e vissuto la sua relazione umana. Le cose cambiano, cambiano le persone. Lo strumento creativo che produce questo cambiamento è l’amore. Le persone cambiano quando sono amate. Gli alunni maturano e conservano ricordi e valori fondamentali se si sono sentiti amati. Ce lo afferma anche un poeta non molto conosciuto e apprezzato, ERZa Pound: “Ciò che sai amare rimane/ il resto è scoria/ ciò che tu sai amare non sarà strappato da te/ Ciò che tu sai amare è la vera eredità” ( E. Pound, Cantos LXXXI).
Matteo e Beppe, due icone, tra le tante, della scuola palazzolese, restano nella memoria riconoscente di tanti che hanno usufruito della loro competenza e della loro umanità.
Non so quanto sia stato proficuo l’incontro educativo di Matteo e Beppe, quanto questo abbia influito sulla loro arte. So che essi sono stati esempio di serietà e di gusto del bello, amanti dell’opera educativa, in costante dialogo umano tra loro e con la loro arte. Sono orgoglioso di aver vissuto la loro epoca scolastica.
Prof. Giovanni Zanni – Nov. 2023